"Tu mi stai dicendo, gli dei mi sono testimoni, che un gruppo dei nostri ha sfidato un dannatissimo vortice di stramaledettissima acqua per poi trovare terre sconosciute?!"
Una delle tipiche esclamazioni che si potevano sentire in giro per le strade della Gemma, ed in seguito in tutto il Regno di Djare, e mai esclamazione fu più vicina a ciò che realmente accadde.
Il 25 di Felekdum, ultimo mese dell’anno, sette Djaredin ed un Amoniano presero il mare: essi erano i cugini Jorek degli Squarciatroll, al tempo Archon della gloriosa armata, il Morgat Khazador Theiwar, Grundal Barbarossa, Derhan Testadipietra, Bardak Cuordifuoco ed i fratelli Theogil, Borak e Jasper, accompagnati dal gambelunghe di Amon Sami Ikarson, il cui taglio dei capelli assai discutibile si scontra pesantemente con il suo onore ed il suo coraggio, contro i quali mai nessuno, a ragione, aveva mai obiettato o sollevato dubbi.
Quell’equipaggio assai strano sfidò dunque il mare, mai così imprevisto com’era in quei giorni, in esplorazione; presto il cannocchiale di Borak dei Theogil fece il suo dovere, individuando qualcosa di assai strano: una nave, a prima vista abbandonata, ma ad un esame più attento, contenente una ciurma non proprio usuale, se così si può definire una ciurma di fantasmi, circondati da abominii marini di diversa razza e provenienza.
Nulla di meglio di una sfida in mezzo alle burrascose acque di quell’infido mare.
I Djaredin riversarono su quella nave infestata tutto il loro miglior fuoco, mentre l’Amoniano teneva alto il suo scudo, impedendo agli altri mostri di arrampicarsi sulla “Berika Urlante”, poderoso vascello costruito dalle abili mani del Morgat.
La nave fantasma cedette, e presto fu uno dei tanti relitti che talvolta il mare porta con sé, con a bordo resti più o meno polverosi di fantasmi, la cui anima, sperarono in cuor loro i Djaredin, aveva finalmente raggiunto la pace agognata.
Ma non era finita: quella nave, quei mostri ricacciati a forza nelle profonde e tenebrose acque, celavano qualcosa di più:
un temibile vortice, un gorgo di straordinaria potenza, che ora li stava inesorabilmente trascinando verso di sé!
Non c’era verso di virare, non c’era modo di evitarlo, quella nave fantasma era una demoniaca trappola, ora erano in balìa della corrente.
Fu così che decisero di affrontare il loro destino faccia a faccia: non avrebbero gettato l’ancora per cercare di compiere un’ultima ed azzardata manovra: bensì piantarono bene i piedi sul legname del ponte, e con una breve preghiera, affidarono la loro sorte in mano a Dera, Signore dei Misteri, una mano che stringeva l’arma, l’altra che si aggrappava al robusto cordame.
Ma non morirono.
Erano bagnati fino al midollo, questo sì, come se una cascata d’acqua si fosse riversata sull’intero vascello, e magari proprio questo era successo.
Ai Djaredin non fu mai dato sapere i dettagli di come si erano salvati, fatto sta che erano tutti vivi, e con una terra di considerevole dimensioni a vista d’occhio.
"Quella prima non c’era!"
Additò uno dei Djaredin, chiedendo poi l’aiuto del cannocchiale, che non fece altro che confermare i dubbi di tutti.
Quella era davvero una terra, e loro non erano affatto dove erano stati fino a pochi secondi prima.
Non vi era altro da fare che cercare un luogo dove approdare, la nave era decisamente da riparare, ed i viveri nella stiva si erano completamente bagnati.
Fu così che videro il porto, e verso di esso direzionarono il vascello, il quale mostrava diverse falle sul ligneo scafo.
I Djaredin e l’Amoniano scesero dopo aver legato la nave agli ormeggi: non vi era molta gente al porto, di certo per l’ora tarda…almeno così pensarono d’istinto, accorgendosi forse solo in quel momento che la luce del giorno illuminava il villaggio, e le montagne che lo circondavano.
Aggrottarono tutti la fronte dinanzi a quello strano fenomeno, ma potevano dare ben poche spiegazioni finora a ciò che stava continuando ad accadere loro.
Il prode equipaggio era deciso a capire, per prima cosa, dove fosse.
Fu presumibilmente per questa ragione che scordarono tutte le buone maniere di base, irrompendo in un edificio appena trovarono la porta aperta, fortunatamente era l’edificio di qualcuno di importante, perché reagì più o meno a questo modo:
Djaredin, sbraitando:"in che diamine di terra siamo!"
Proprietario, brandendo una scopa:"ma che diamine siete voi! Fuori da casa mia!"
Successivamente, calmati sia i Djaredin (alcuni dal difficile temperamento stavano già estraendo le pistole) che il proprietario di casa, quest’ultimo decise di accogliere soltanto UNO dell’equipaggio per poter chiarire la faccenda: e così andò il Morgat, mentre l’impaziente resto della ciurma aspettava fuori.
Vennero a sapere in ordine che:
- gli abitanti del posto non conoscevano affatto la razza nanica
- il posto in questione si chiamava Vessa
- quella terra non conosceva altro che la luce del giorno
Inoltre il proprietario dell’edificio si era rivelato a loro come una delle cariche del luogo, ed aveva decretato che fossero liberi di girare per Vessa, ma chiunque sbraitava ancora diritti di proprietà su qualcosa, finiva impiccato seduta stante.
Fu così che fu fatto scendere, non con poche difficoltà, Borak dei Theogil da un posto che aveva rinominato Torretta Theogil, e che decretava come proprio dal momento dello sbarco.
Fu così che iniziò la spedizione d’esplorazione Djaredin:
non esitarono a percorrere ogni possibile strada che incontravano, scoprendo e tracciando mappe di ciò che trovavano sul loro cammino.
L’impavida ciurma sfidò anche diversi mostri che tentarono di ostacolarla, musidiporco neri, chiamati vilderon dagli umani dell’ardania che conoscevano, arroccati in fortini di superficie, paesaggi desertici infestati da mummie e da velenosi scorpioni giganti.
Solitamente in taverna è a questo punto che le storie s’interrompono, o si ingigantiscono, ponendo davanti ai nani ed all’amoniano ostacoli ben più grandi di ciò che realmente affrontarono, o arricchendo ciò che videro effettivamente con particolari degni della mente più fantasiosa.
Si dice che trovarono cristalli sconosciuti ed alte cascate, passaggi segreti nella roccia e sentieri impervi nelle fitte foreste.
Si dice che attaccarono briga con un altro equipaggio, e proiettili erano volati alla stessa velocità di sferzanti parole.
Si dice che affrontarono tre enormi draghi non-morti, non prima però di aver fatto visita ad un villaggio che contava tra i suoi abitanti soltanto cercatori di minerali.
Si dice che quell’equipaggio tornò presso le terre ardane conosciute tramite un altro gorgo, e si dice che i Djaredin, prima di fare ritorno, incontrarono elfi dal bianco mantello e selvaggi uomini dalla pelle scura...
...Tutto ciò che si dice è vero.
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